Antonio Stefanini

Antonio Stefanini

Giornalista, fotografo, storico e scrittore. 

Antonio Stefanini nasce a Pisogneto di Corteno (BS) nel 1952 da famiglia contadina. Dopo il diplo­ma di geometra, studia per un paio d’anni lingue e letterature straniere, indi inizia a collaborare alla gestione della nuova attività alberghiera di famiglia, che lo vede impegnato ancora oggi.

Appassionato di ricerche culturali locali, ha al suo attivo una decina di libri di carattere etno-storio­grafico.

Giornalista pubblicista dalla metà degli anni ‘90, ha svolto mansioni di addetto stampa per enti locali, oltre che per la stessa Maratona del Cielo.

Ha collaborato e collabora con diverse testate pe­riodiche.

(dalla copertina di “Lassù tra sogno e realtà”)

PAGINA FACEBOOK: https://www.facebook.com/antonio.stefanini?fref=ts 

RIFERIMENTI INTERNI:

Recensione Una maratona alpina lunga una vita

Una maratona alpina lunga una vita

Una maratona alpina lunga una vita

Nel grande libro fotografico di Giacomo Salvadori la storia dell’idea e della realizzazione di Sentiero 4 Luglio, Bivacco Davide e Maratona del Cielo 

 

La maratona è il simbolo classico delle lunghe imprese. Di quelle imprese che si compiono con costanza, caparbietà, sapiente dosaggio delle forze, resistenza e capacità di soffrire. Se aggiungiamo il terreno impervio della montagna, la rarefazione dell’aria ad alta quota e la solitudine obbligata, Giacomo Salvadori da Santìcolo di Corteno Golgi è un grande maratoneta.

Alla soglia degli ottant’anni, infatti, non pago di aver dedicato una vita alle peregrinazioni alpestri e gli ultimi venticinque a realizzare il triplice sogno giovanile di dare dignità concreta alle sue montagne, si è buttato a capofitto nell’impresa di un grande libro rievocativo. Senza farsi troppe domande sui tanti rischi di pubblicare oggi in autarchia un ampio volume storico e fotografico su una storia in parte personale e un tema locale, dimostra il coraggio degli esploratori. Solo che la storia privata e gli eventi locali conseguenti, che pur si svolgono in un contesto alpino senza blasoni e a lungo marginalizzato dalla pubblicistica, sono in questo caso facilmente trasfigurabili in storie dal significato e dal valore universali.

In Lassù, tra sogno e realtà (Liberedizioni, pp. 370) si narrano vicende appassionanti, tristi e di nuovo esaltanti. Storie di vita, di sviscerato amore per la Montagna, di vero grande Sport, di genuina festa collettiva, di strameritato successo. In una parola, di Impegno.

Si parte narrando di quando il protagonista era un bambino e un giovane ragazzo, con il mito e il timor panico delle vette. Poi dell’emigrante forzato dalla grama montagna alla città. Indi del giovane uomo che scopre le Alpi famose e contemporaneamente le meravigliose, solitarie Alpi di casa. Infine, complice la tragica morte del nipote Davide, della sua rinascita nel mito. Della nascita di un ardito sentiero, di un bellissimo bivacco, d’una competizione pionieristica di skyrunning.

Con quella che è negli anni divenuta la Maratona del Cielo per antonomasia, in scena ogni anno da ormai un quarto di secolo lungo il Sentiero 4 Luglio delle Api Orobie camune, a lambire Valtellina e Valli bergamasche, Giacomo Salvadori è in qualche modo nella storia dello Sport. Anche se ciò che lo appaga e lo ha appagato sempre è di essere nel cuore dei suoi concittadini-collaboratori, che gli hanno reso anni fa l’omaggio della cittadinanza onoraria: la licenza anche formale per il suo ritorno alle origini.

La storia, in forma di intervista, si dipana nelle prime cento pagine del libro, mentre il corredo fotografico (quasi settecento immagini a colori) è quanto di meglio si sia potuto scegliere dalla mole iconografica disponibile. Ogni anno della gara (si precisa, dal 1994 al 2007) è presentato con una sintetica cronaca e seguito dalle relative immagini. Appendici varie e alcune chicche arricchiscono l’opera.

Come Giacomo tiene a ribadire, è felice per il successo che l’evento continua a riscontrare anche dopo il suo disimpegno diretto. Lui c’è sempre, pronto a riabbracciare i tanti che tornano e gli sono legati da affetto e stima. La storia finisce – anzi continua – infatti con il suo augurio Lunga Vita Skymarathon!

Recensione di Antonio Stefanini

 

Giacomo Salvadori ci lascia altre memorie fra le più preziose, accenti che riescono a coniu­gare una sua storia individuale con la corali­tà della comunità che intorno a lui si muove nel dar vita a un suo accarezzato progetto: ri­cordare il nipote che, troppo giovane, è stato strappato alla famiglia.

E riesce a colmare quel vuoto disperante coin­volgendo l’intero paese natio, prima nella co­struzione di un bivacco accogliente e sicuro in un’area di supremi e isolati picchi montani, un riparo che si chiamerà Davide, il nome del gio­vane nipote.

La tragedia della sua scomparsa diventa così il nobile accorato ‘vissuto’ dell’intera popola­zione: un nuovo ideale sentiero andrà a rac­cordare le tracce di cacciatori e pastori per consentire all’escursionista di inerpicarsi fino a raggiungere, da pellegrino ispirato, la meta del suo fiducioso tragitto. […]

Ma il progetto non si ferma; Giacomo, instan­cabile, aggiunge fatica cui segue fatica e mira ad aprire un dialogo con i giovani. C’è una pra­tica sportiva, lo skyrunning che si corre sulle alte quote dei monti, che pretende allenamen­to, esperienza, agilità e che ha trovato le entu­siastiche adesioni di migliaia di praticanti di qua e di là delle Alpi.

Giacomo guida la comunità cortenese a organizzare una gara subito denomina­ta la Maratona del cielo, 42 km, 2800 m di dislivello, la corona delle valli di Cam­povecchio e Sant’Antonio fino a cima Sèll­ero, m2744 e al Bivacco Davide, idea-le giro di boa per la picchiata finale sull’abitato di Santicolo.

Lo straordinario teatro di gara, grazie allo sfor­zo titanico e alla felice collaborazione di tante persone, richiama da subito centinaia di con­correnti.

(dalla Presentazione di Giovanni Capra)

Giacomo Salvadori, Lassù tra sogno e realtà, Liberedizioni (BS), 2017,  (pagine 400)

Anna Maria Di Lena – Paolo Milzani “Bressanova” (CD 2016)

Anna Maria Di Lena – Paolo Milzani “Bressanova” (CD 2016)

La bossanova e il bresciano. Contro ogni aspettativa l’incontro è tutt’altro che uno scontro. Ci guadagnano entrambi: in accessibilità la prima, in naturalezza e sentimento il secondo. Splendida l’intesa artistica tra Anna Maria e Paolo.

 Il Vate aveva torto. Torto marcio. A meno che gli si riconosca la scusante di aver incontrato il Bresciano in un periodo in cui si costruiva inseguendo modi e suoni lontanissimi da quelli a cui siamo abituati ora. Ma procediamo con ordine. Dante nel “De vulgari eloquentia” bollò il dialetto della nostra provincia come “yrsutum et yspidum” di “vocaboli e di accenti che per la sua rude asprezza non solo fa uscire dai limiti donna che parli, ma saresti in dubbio, o lettore, se sia un uomo” (lingua quindi dalle virtù trasgender, avrebbe scritto oggi) e conclude con un lapidario “quod quidem barbarissimum reprobamus”. L’esatto opposto del portoghese (sia pure nella sua analoga virtù evocativa di ambigue situazioni di genere), lingua tonda, capace come l’acqua di avvolgere e scivolare. Paolo Milzani dimostra che invece è solo questione di competenza e di poesia. Bisogna avere la capacità di scegliere le parole, appoggiarle con l’attenzione di un ebanista sulle strutture musicali e fare in modo che combacino. Per completare l’opera è poi possibile stendere una mano di vernice avvolgente, ricorrendo magari ad una voce e ad una presenza come quella di Anna Maria Di Lena, femminile nell’essenza, oltre che nella forma.

Il primo ascolto del nuovo lavoro di Paolo Milzani colpisce proprio per l’estrema naturalezza con cui il bresciano, che è bresciano vero, si posa sui classici della musica brasiliana. Nessuna forzatura, al punto che per i distratti potrebbe benissimo trattarsi di portoghese. Chi si sofferma più attentamente all’ascolto si rende poi conto che la magia del primo impatto nasconde un ‘sommerso’ altrettanto sorprendente: i testi non sono un’accozzaglia di parole selezionate in funzione delle sole sonorità. Dentro le canzoni ci sono storie, ricordi, cose da dire e raccontare, a volte divertite, a volte profonde, sempre mature ed equilibrate, ed è questa un ulteriore valore da apprezzare nel lavoro di Anna Maria e Paolo. Dopo anni di canzoni in bresciano costruite per far ridere, affrontate con l’imbarazzo del bambino che dice la parolaccia o dell’adolescente che fa il volgare per provocare, finalmente un disco d’autore in cui il dialetto nostrano è nobilitato al ruolo di lingua, si usa per comunicare spontaneo, il sentire di oggi, rivolgendosi a gente che vive adesso.

Certo: quella che ascoltiamo è musica che potrebbe non riempire le piazze delle feste delle pro loco e sposarsi male con la sagra della vacca. Ma era ora che il matrimonio tra il dialetto e il folk country fosse tradito, perché è la musica a chiederlo, perché lo chiede cultura bresciana che non vive circoscritta fra le mura dell’aia. E sia chiaro: con ciò non si negano le tradizioni. Al contrario si valorizzano quelle radici trascurate, meno spendibili ma capaci ancora di portare la linfa di un sentire bresciano maturo.

La musica? Calda, avvolgente, professionale, malinconica, sognante, equilibrata, matura: che si può volere di più?

 

Anna Maria Di Lena – Paolo Milzani “Bressanova” (CD 2016)

Pagina ufficiale del progetto: https://www.paolomilzani.net/bressanova

Paolo Milzani

Sito ufficiale: https://www.paolomilzani.net/

Profilo Facebook: https://www.facebook.com/paolo.milzani?fref=ts

Anna Maria di Lena

Sito ufficiale: https://www.annamariadilena.com/

Profilo Facebook: https://www.facebook.com/annamariadilena?fref=ts

DIEGO DRAMA – Luce e demoni (CD, 2017) (2)

DIEGO DRAMA – Luce e demoni (CD, 2017) (2)

C’è cultura qui dentro. Ma non quella cultura aulica e arida che spesso e volentieri si respira nelle nostre scuole, c’è una cultura semplice e intelligente che si ottiene dalla curiosità, dalla voglia di imparare dai veri maestri e dal volere sempre approfondire gli argomenti e gli avvenimenti.

 

Probabilmente vivere in un paesino di duecento anime ti permette di prenderla in modo più riflessivo, di filtrare meglio quello che ti arriva dai media e di capire quelle che sono le cose migliori senza condizionamenti di sorta.

Diego è così, basta anche solo fare quattro chiacchiere con lui per rendersene conto. Un pozzo di sapienza e di amore per l’arte e per la bellezza in musica.

I suoi testi raccontano di una persona dalla grande maturità, che non si ferma alle apparenze, ma che scava nel profondo dell’anima, e questo colpisce molto, vista la sua assai giovane età.

C’è spessore in Diego, sia che ti parli di amici che non ci sono più, come in “Ti rivedrò tornare”, sia che renda omaggio ai grandi Cantautori (rigorosamente la “C” maiuscola!) come il Fabrizio De Andrè di “Genova o il Francesco De Gregori di “Giorno di pioggia”, oppure che parli di grandi tragedie che hanno segnato la nostra storia recente. “Un sasso in un bicchiere” ci racconta di come la storia d’Italia sia spesso costellata di disgrazie che troppo spesso vengono classificate come “imprevedibili” piuttosto che verificarne le responsabilità.

Qualcuno lo definisce “rap”, in realtà è molto di più. Diego ha uno stile anche cantautorale, ma con estrema originalità e con melodie che si insinuano nell’orecchio in modo assai piacevole.

Di un talento così ci si può fidare.