Parla camuno la nuova “squadra” del Vescovo Tremolada

Parla camuno la nuova “squadra” del Vescovo Tremolada

Due nomi noti alla Valle Camonica fra i nuovi Vicari episcopali di Brescia: il Vicario Generale Mons. Gaetano Fontana, già curato a Pisogne dal 1988 al 1997 e il Vicario Territoriale della Zona I (Valle Camonica, Sebino, Franciacorta, Fiume Oglio) l’attuale parroco di Breno don Mario Bonomi.

L’annuncio è stato dato nel corso di una cerimonia a Brescia alle 12 del 16 maggio. La “squadra” si compone di otto Vicari, dei quali quattro messi a capo delle Zone territoriali e tre responsabili di settori chiave (clero, vita consacrata, amministrazione) più un Vicario Generale.

Il nuovo vicario generale, che prende quindi il posto di mons. Gianfranco Mascher, è mons.Gaetano Fontana, attualmente parroco di Montichiari.

Don Angelo Gelmini, parroco di Rezzato e Molinetto, è il vicario per il clero; mons. Italo Gorni, parroco di Vallio Terme, è il vicario per la vita consacrata; don Giuseppe Mensi, parroco di Folzano, è il vicario per l’amministrazione.

Per completare la squadra dei vicari manca ancora una nomina, ovvero il responsabile per la pastorale dei laici: una figura non ancora individuata dal vescov.

Ci sono poi i quattro vicari che hanno competenza su altrettante maxi aree, e questa è la novità più significativa nel governo di mons. Tremolada.

Il vicario per la zona territoriale della Valcamonica, del Sebino,della Franciacorta e del fiume Oglio è don Mario Bonomi, attualmente parroco di Breno; il vicario per la pianura è don Alfredo Savoldi, ora parroco a Castelcovati;la competenza della zona territoriale che comprende Valtrompia, Valsabbia e Benaco è stata assegnata al vicario don Leonardo Farina, parroco di Toscolano Maderno; don Daniele Faita, parroco di Cellatica, è infine il vicario con competenza sulla zona di Brescia città e hinterland.

Completano il nuovo consiglio episcopale il cancelliere diocesano don Marco Alba e il rettore del Seminario don Gabriele Filippini.

Tutti i vicari, ad eccezione di mons. Italo Gorni, lasceranno i loro incarichi parrocchiali: nelle prossime settimane si conosceranno quindi anche i nomi dei sacerdoti che prenderanno il loro posto. Questi nuovi incarichi avranno una durata massima di dieci anni.

Sanremo (sociale?) 2018

Sanremo (sociale?) 2018

Vittoria annunciata, podio radiofonico.

Dopo i trionfi della Oxa torna sul podio dell’Ariston un cantante di origine albanese, come lei in coppia con un interprete ruspante, non conta se romano anzichè bresciano. Il medagliere, che sembra pensato in funzione della programmazione radiofonica, non può che far pensare. In attesa della pubblicazione dei voti scorporati delle troppe giurie, possiamo solo intuire che le linee di moda del televoto, da sempre a rischio pilotaggio e comunque condizionato da fattori noti, siano state amplificate dai voti delle giurie tecniche. I giudizi dei critici, che vantano illustri cadaveri nell’armadio (quali l’aver ammesso in finale “Fin che la barca va” escludendo “Ciao amore ciao”) negli ultimi anni sono sempre più condizionati dal fatto che sala stampa e qualità vedono come protagonisti soggetti provenienti dal mondo dell’emittenza radiofonica e dello spettacolo leggero. Guardando il mondo della musica con questi occhiali è evidente che il “bello” non debba necessariamente essere “artistico” ma si possa interpretare come “quello che va”, portando a premiare il prodotto destinato a vendere. Tutto ciò, ovviamente, sforzandoci di dimenticare che la programmazione delle principali emittenti radiofoniche e testate giornalistiche non è sempre il risultato di libere scelte di gusto del dj – giornalista ma piuttosto l’atto ultimo di una serie di contratti di promozione con le case discografiche, pendenze difficili da scordare se sei giurato a Sanremo. Letto in questa prospettiva il festival Baglioni è a dir poco inquietante. Nessuna critica su giornali e social, totale consenso e celebrazione, intesa bipartisan a nascondere le clamorose papere svizzere, l’ingombrante autopromozione del direttore artistico, nessun post sui social che chieda conto dei cachet (dubito ci sia stata una presa di coscienza del popolo italiano in merito al fatto che le provvigioni del festival vengono dalla pubblicità e non dall’abbonamento RAI).

Ad ognuno la libertà di pensare ciò che crede del fatto che in festival costruito alla vecchia sulla rima amore – cuore i premi vadano alle poche canzoni a tema sociale. Analogamente dicasi della scelta della direzione di non ostacolare la promozione svizzera di una iniziativa legata ad una associazione la cui figura di riferimento è candidata alle prossime elezioni. Buona iniziativa, tempi sbagliati. L’avesse fatto la Litizzetto sarebbe stato un reato da censura e bando.

Ragionevoli le posizioni di classifica intermedie: Vanoni dimostra una modernità inossidabile come il suo decoltè, Ron gode dell’effetto alone “Dalla”, Gazzè riscuote crediti maturati negli anni precendenti, Avitabile – Servillo forti del voto partenope malgrado una canzone monotona.

Castigati escono le trame degli eterni ritorni e degli addii trascinati all’infinito, dai progetti degli ex Pooh alla fallimentare proposta degli Elii incapaci anche di far ridere. Tutta da capire, visti gli assetti d’alta classifica, la posizione dei The Kolors che logica avrebbe voluto meglio piazzati.

Assolutamente da censurare la scelta dell’Antoniano di prestare il Piccolo Coro Mariele Ventre all’operazione duetti su un pezzo contenente una parolaccia la cui traduzione in “strumenti sportivi sgonfiabili” non diminuisce la volgarità della frase. L’educazione non è questione di limature di facciata, ma è fatto di sostanza. Dai frati bolognesi si pretende una coerenza che qui è mancata e a loro auguriamo una lunga quaresima di purificazione.

Questa la classifica dei Big della 68esima edizione del Festival di Sanremo.

1) Ermal Meta e Fabrizio Moro 2) Lo Stato Sociale 3) Annalisa.

4) Ron 5) Vanoni – Bungaro – Pacifico 6) Max Gazzè 7) Luca Barbarossa 8) Diodato – Roy Paci 9) The Kolors 10) Giovanni Caccamo 11) Le Vibrazioni 12) Enzo Avitabile – Peppe Servillo 13) Renzo Rubino 14) Noemi 15) Red Canzian 16) Decibel 17) Nina Zilli 18) Roby Facchinetti – Riccardo Fogli 19) Mario Biondi 20) Elio e le storie tese

Premio della critica “Almeno pensami” Ron

Premio Sala Stampa a Lo Stato Sociale

Premio Sergio Endrico migliiore interpretazione a Ornella Vanoni Bungaro Pacifico

Miglior testo Mirkoeilcane

Premio Bigazzi alla composizione Max Gazzè

Sanremo: nelle ultime serate Baglioni ha cominciato a cantare.

Sanremo: nelle ultime serate Baglioni ha cominciato a cantare.

Deve essere dura arrivare alla sua età dopo una vita di grandi successi e dover vivere di ricordi.

Passando alla gara, per la categoria nuove proposte si confermano le osservazioni di ieri: orizzonti desolantemente poveri e “vecchi”, dal rap ottimistico di Mudimbi, che dalla sua ha il precedente di Caparezza (che all’Ariston si faceva chiamare Mikimix), a quelli che cantano alla vecchia illudendosi che presentarsi trapuntati di piercing e tatuaggi basti per fare giovane. La selezione di giovedì è meno infelice di quella della serata precedente ma nel complesso vien voglia di chiedersi, visto che nessuno sembra realmente credere in questa sezione, se valga davvero la pena continuare ad investirci o possa essere immaginata una rilettura completa della formula, magari andando a pescare i concorrenti tra le classifiche indie dell’anno precedente.

Sul fronte big si parte con Caccamo (Che barba! Non solo una valutazione tricologica). Passare dalla scimmia nuda alla vecchia che balla è coerenza, ma se Lo Stato Sociale sfonda i discografici dovrebbero rassegnarsi all’idea che la formula Eurovision Song Contest (canzonetta più coreografia) è diventata vincente anche in Italia, ergo: aveva ragione la Oxa anni ’80. Il pezzo di Luca Barbarossa è credibile e degno della tradizione cantautorale italiana migliore. L’accoppiata Enzo Avitabile – Peppe Servillo appesantisce inutilmente un brano ripetitivo come quello che portò alla vittoria gli Avion Travel. Inclassificabile, per alterità, Max Gazzé. Niente di nuovo sotto il sole per Roby Facchinetti e Riccardo Fogli. “Non mi hai fatto niente faccia da serpente non mi hai fatto male faccia da maiale…” è questo il plagio di Ermal Meta e Fabrizio Moro? Noemi doveva proprio ricorrere agli affondi per farsi notare? Più che un’entrata in scena la sua sembrava un’incursione delle Femen. Come per Annalisa The Kolors non è il nostro genere, ma hanno fatto i compiti con impegno. Come non sostenere la proposta feconda di Mario Biondi in un’Italia che si spopola? E poi dirige Vessicchio!