Il mais nero spinoso, un’antica varietà di cereale coltivato per produrre farina alimentare tipico di Piancogno ed Esine, ha un’associazione che si occupa della sua salvaguardia.
A rischio estinzione, dopo la tesi di una laureanda esinese, Francesca Patarini, 5 anni fa venne riscoperto e rilanciato, tanto che almeno una quarantina di agricoltori sono tornati a produrlo e da qualche tempo risulta iscritto nella sezione “Varietà da conservazione” del Registro nazionale delle specie agrarie e orticole, grazie all’impegno dell’Università della montagna e dei Comuni di Esine e Piancogno.
Giovedì è stata sancita appunto la nascita dell’Associazione “Mais nero spinoso”, composta da persone che lavorano per il recupero e la salvaguardia dell’antica varietà.
L’obiettivo del sodalizio è anche convincere sempre più ristoratori a utilizzarlo nei loro piatti, visto che la conoscenza e la diffusione avviene principalmente a tavola, e farlo conoscere alle nuove generazioni, e per questo è stato consegnato ai bambini delle scuole di Esine un sacchetto con alcuni semi che dovranno seguire nella crescita.
L’assessore alla Cultura del Comune di Esine, Roberta Fiorini, motore del progetto, e la ricercatrice Francesca Patarini, credono molto in questa “mission”. Un ruolo primario lo sta poi svolgendo Fabrizio Tognali, titolare dell’omonimo mulino azionato dalle acque del Vaso Re che da cinque generazioni lavora il mais normale e spinato con la macina in pietra. Presenti alla giornata Emanuele Moraschini e Francesco Ghiroldi, sindaci dei due paesi.
Domenica dalle 9 alle 13, a Esine sotto al municipio e a Piancogno, nella piazza del Comune, saranno distribuiti i semi ai coltivatori. Semi che vengono conservati in purezza da due famiglie – Saloni all’Annunciata e Plona a Plemo – che ne assicurano la non contaminazione e l’assoluta unicità.