Marina Bernardi non ci sta e scrive la sua versione dei fatti al direttore del Corriere della Sera.

Dopo l’articolo apparso il 24 gennaio relativo a finanziamenti di Regione Lombardia da restituire da parte dell’azienda Biancolatte di Berzo Demo, intestata a Marina Bernardi (sorella di Gian Battista, sindaco del paese) e dell’azienda Donec, di Michela Tomasi (figlia di Corrado, ex sindaco di Temù ed ex consigliere regionale) arriva la replica di una delle due protagoniste della vicenda che ha acceso gli animi e creato opinioni contrastanti anche in Vallecamonica.

“Non esiste al momento nessuna condanna nei miei confronti” esordisce nella lettera la camuna, che interviene principalmente sul modo incui la questione è stata gestita dal quotidiano e in particolare dall’autrice dell’inchiesta, la giornalista Simona Ravizza: “Il mio rammarico – scrive la sorella del sindaco di Berzo Demo – nasce non per i fatti citati, che considero far parte del diritto di cronaca, purché siano veritieri, ma per non esservi posti la priorità di verificare quanto avete scritto”.

“Nessuno mi ha contattata” afferma Bernardi, che si rivolge quindi alla giornalista, invitandola a visitare l’azienda Biancolatte: “Avrei piacere che venisse di persona per verificare l’esistenza del locale ben ammobiliato usato per festini e incontri vari: le assicuro che non esiste un tale ambiente. Tutto ruota attorno all’attività agricola”.

Prosegue la lettera: “Era sufficiente che lei, anche senza preavviso, si recasse in loco e le avrei mostrato tutto, senza dover incappare in spiacevoli equivoci. Nulla è stato trasformato in zona residenziale. Il caseificio è tuttora in uso …L’impostazione è nata agricola ed è tuttora unicamente agricola”.

Secondo Bernardi la giornalista avrebbe utilizzato un tono sentenzioso, beffardo e perentorio, indirizzando il lettore ad un giudizio già costruito a priori che va a rifarsi a una campagna politica, dal momento in cui tutto viene associato al fratello sindaco che però, precisa la mittente “nulla ha a che vedere con l’azienda agricola”.

“Oltre al fatto che Regione Lombardia ha emesso sì un decreto, ma che ho impugnato e che a tutt’oggi non mi risulta essere condannata di alcun reato” sottolinea l’imprenditrice “Avrei trovato più corretto aspettare che tutto l’Iter burocratico fosse finito prima di sentenziare”.