C’è vita negli appartamenti protetti della cooperativa Arcobaleno di Breno.

Un progetto che esiste da 15 anni , di cui ci parla la coordinatrice Ketty Pellegrinelli: “È un servizio a tutti gli effetti perché ci sono dei progetti educativi e degli educatori, ma per le sei ragazze ospiti è la loro casa”.

Fondamentale è l’autonomia, che permette loro di crescere e cambiare attraverso diverse attività: “Arrivare a un tipo di servizio come il nostro quando ancora ci sono i genitori ad accompagnare i figli disabili in questa nuova realtà è importante: è una persona di cui si fida che lo consegna a una struttura, sancendo di fatto un passaggio nella sua vita adulta. In vista naturalmente di un “dopo” in cui i genitori mancheranno e il disabile avrà così acquisito le competenze necessarie per continuare una vita il più indipendente possibile”.

Ketty Pellegrinelli e gli educatori della Cooperativa Arcobaleno sono soddisfatti dei risultati raggiunti in questi anni dalle ospiti, che hanno diverse età e diversi gradi di autonomia: “Abbiamo lavorato tanto sul mutuo-aiuto e sul senso del rispetto. Le ospiti si aiutano tra loro, ognuna ha le sue mansioni da svolgere secondo dei turni. Una convivenza che funziona e che sta portando a belle esperienze”.

La giornata tipo? “La mattina fanno colazione insieme, poi c’è che va al Cse o chi ha inserimento lavorativo. Nel corso della giornata possono fare attività sportiva, chiedere di fare delle escursioni e tanto altro. Siamo arrivati a un punto in cui l’autonomia è molto alta.”

La particolarità di questi appartamenti, a differenza di altri messi a disposizione da altre cooperative, è che si trovano in un condominio, e non all’interno della sede di Arcobaleno. Un impianto di domotica permette loro di collegarsi direttamente alla sede e assicurare l’intervento tempestivo in caso di aiuto. “Creare l’appartamento protetto all’interno della struttura avrebbe dato un’etichetta diversa alla ragazze rispetto agli altri utenti. Vivere invece in un condominio con altre persone che non vivono nel mondo del sociale ha creato delle nuove dinamiche, anche con i vicini di casa”.

Il progetto vive di finanziamenti, oltre che con la quota pagata dalle famiglie: il servizio rimane “sperimentale” nonostante sia attivo e collaudato da tempo. Questo perché l’accreditamento regionale non è ancora stato riconosciuto. Per il momento ogni anno si confida in finanziamenti, come quello erogato dalla Fondazione Comunità Bresciana attraverso il bando specifico per la Vallecamonica “Questo contributo ci ha permesso di potenziare il servizio sul fine settimana, dando ulteriori opportunità alle ragazze” precisa Pellegrinelli.